The quiet zone
La
nuova direzione dell’arte di di Adriana Soldini
Quando si entra nell’universo artistico di Myriam Cappelletti bisogna farlo in punta di piedi, perché si cammina nei luoghi più profondi della sua anima. È come sfogliare il suo diario intimo, di cui le tele sono le pagine. Queste ci invitano a “leggere” dentro alla sua pittura. Ricercata, raffinata ed eterea. Grafica e affresco sono gli strumenti di cui si avvale per esprimere al meglio la sua creatività. La grafica di Myriam ci riporta agli albori della civiltà, con figure cariche di un simbolismo arcaico che l’archeologia ci ha rivelato; fra tutte spiccano: alberi, uccelli, pesci. Se il cipresso è marchio distintivo della sua terra d’adozione, la Toscana, l’albero di per sé è rappresentazione dell’Albero della Vita, simbolo della fecondità della terra e dell’immortalità: tema ricorrente nell’arte mesopotamica e originario dei miti sumeri, che si sviluppa nella dimensione spazio-temporale per divenire: l’Albero della Vita al centro del giardino d’Eden; l’Albero sefirotico della kabbala, immagine dell’Universo abitato da Dio e impregnato dalla sua essenza; quindi, albero cosmico, simbolo della connessione tra cielo e terra, tra mondo divino e mondo umano. Così come per gli uccelli, che hanno un ruolo di grande rilievo nella simbologia della protostoria − periodo che fa da cerniera tra preistoria e storia, contraddistinto da una intensa sacralizzazione della sfera celeste e atmosferica −, è ragionevole pensare che facciano da tramite tra l’uomo e la sfera divina per la loro capacità di poter toccare terra e spiccare il volo nel cielo infinito. I pesci − altro simbolo di nascita e fertilità − sono legati alla naturale forza delle donne. In origine, si ha l’associazione tra il pesce e la dea madre, per poi ritrovarlo sempre collegato alle divinità femminili di varie epoche e luoghi: sacro alla Venere dei Romani e alla stessa dea Isis dell’Antico Egitto, solo per citarne un paio. Ed è proprio il pesce che pare costituire l’animale-guida dell’arte spirituale e quasi sciamanica di Myriam, che si esprime anche attraverso veri “totem”, sculture dense di significato intrinseco ed emananti una potente energia creativa. Se lo sciamanesimo è la via di accesso diretta al mondo spirituale per entrare nella realtà impercettibile dello spirito, l’arte di Myriam è il suo sciamanesimo, è la sua ascesi: alla ricerca delle radici perdute, di un senso più profondo della vita, del proprio Sé. Il rientrare in sintonia con il proprio essere creativi, porta l’artista verso la forma di creatività più profonda. Essa è l'invenzione della propria vita, l'effettiva determinazione del proprio destino. Non è un caso trovare nella sua pittura segni legati alla scrittura. Accanto a quelli propri di lingue morte, troviamo quelli contemporanei appartenenti alla nostra cultura e ad altre: cuneiformi, ebraici, arabi; ma anche rune e caratteri cirillici con cui ha composto frasi a volte legate al significato del quadro, anche se preferisce esaltarne il loro gusto estetico − proprio come vuole la pittura segnica, ultima espressione dell’informale −, come la bella calligrafia che spicca negli ultimi lavori. Segni come testimoni silenti del tempo passato ma proiettati verso il futuro, come se ognuno di loro fosse parte del grande alfabeto del mondo. Tutto è compreso in uno spazio che Myriam ha sempre ordinato in riquadri, in cui ritroviamo la sua razionalità, il voler ordinare la vita, le idee, le esperienze. Le incisioni decise che vi compaiono e l’apparato materico che si eleva dalla superficie delle tele sono: certezze, momenti da sottolineare, fatti importanti da annotare. Oltre alle figure, è al colore che affida la sua spiritualità, ma anche le sue insicurezze, la sua fragilità e i cambiamenti dei cicli di vita che si sovrappongono ai cicli cromatici, attraverso cui la pittura di Myriam è passata negli anni:
1° - Terra, azzurri, turchesi, ocra 2° - Blu scuro, colori più decisi 3° - Rossi, albicocca 4° - Verdi, oro 5° - Rosa intenso, rosso fuoco, giallo, verde acido, arancione, violetto
Il suo è stato un crescendo, perché ha iniziato con tonalità tenue per arrivare a colori più brillanti e accesi. Ha cominciato con la trasparente delicatezza dei pigmenti usati nell’affresco per giungere alle incursioni dei colori acrilici, appena diluiti perché non perdano la loro naturale brillantezza che Myriam accentua grattandone la superficie indurita, come gli inediti arancione, giallo, verde acido. Così, con il passare degli anni, i colori rimarcano una maggiore consapevolezza. Prima, erano inconscio? Erano pensiero? Allora, oggi cosa sono? Discorsi o dichiarazioni fatti ad alta voce? Tutto fa parte della poliedrica personalità di Myriam. Il percorso pittorico è un vero racconto affidato alla sua sensibilità artistica. Le ultime tappe sono una rivelazione: Myriam, come artista e come persona, sta vivendo un momento di passaggio e la sua arte è testimone di questo cambiamento. Ha messo insieme i vari periodi e gli ha dato coerenza: i colori si stanno con naturalezza integrando e i riquadri stanno sbiadendo. Non c’è contrasto, c’è differenza, ma nella differenza c’è armonia. Ha ordinato le tessere del mosaico della sua vita che troviamo materializzato nei frammenti di legno decorati con i simboli a lei cari. È come se Myriam avesse fatto un bilancio e lo avesse trovato positivo. Soprattutto, le ultime opere ci suggeriscono che lei si appresta a un cambio di direzione. Sta alleggerendo il suo bagaglio. Vuole viaggiare più libera e lo si vede dai riquadri che mano a mano diventano sempre più sfumati; dalle tele libere e leggere sospese nello spazio che sono ora preferite a quelle pesanti inchiodate sui telai di legno. Prima dipingeva preferibilmente su formelle, piccoli riquadri, ora ha bisogno di grandi spazi per esprimersi. Si sta come liberando. Lascia scorrere la sua mano, ma anche la sua mente: abbatte muri, schemi mentali, che se prima le davano sicurezza oggi la fanno sentire in prigione. La sua pittura è diventata ancora più spirituale. Ora Myriam è in una quiet zone dove sta meditando. Una zona che pare all’interno di un ipogeo a cui si giunge scendendo come se ci si addentrasse nel ventre materno della Terra. Uno spazio dedicato ai quattro elementi naturali: acqua, aria, terra, fuoco, come se fosse il paradiso primordiale. Guardare l’arte di Myriam è quasi come guardare un cambio di scena in un film: lentamente le immagini vanno in dissolvenza, i colori si mescolano, tutto diventa sempre più chiaro, fino a diventare bianco, che pare il nulla, ma è l’insieme di tutti i colori. E poi compare qualcosa di nuovo. Allo spettatore, l’artista rivolge l’esplicito invito a condividere le emozioni che le si agitano nel profondo e a seguirla per vedere dove questo momento di quiete la porterà.
|